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sabato 22 marzo 2014

I lavoratori Eni e gli accordi sindacali

Interventi & Repliche. I lavoratori Eni e gli accordi sindacali

I Segretari generali Emilio Miceli, Fllctem-Cgil; Sergio Gigli, Femca-Cisl; Paolo Pirani, Uiltec-Uil

Spetterà ad altri, innanzitutto all'Eni e al governo, rispondere alle valutazioni contenute nell'articolo di Milena Gabanelli, pubblicato sul Corriere del 20 marzo. Per quanto ci riguarda, chiamati indirettamente in causa, non accettiamo, né accetteremo mai, l'idea secondo la quale al lavoratore dell'Eni venga solo richiesto di finanziare la cig senza avere alcuna opportunità di fruirne. Sarebbe, in questo caso, «figlio di un Dio minore», rispetto a un suo collega di Fiat o di Finmeccanica. Peraltro nell'Eni, la cig è stata strettamente legata alle temporanee fermate di Marghera, Priolo, Gela e Porto Torres, necessarie per attuare importanti investimenti di riqualificazione ecocompatibile, bioraffinazione, chimica verde, proprio per rilanciare questi siti produttivi, altrimenti destinati alla chiusura, come invece abbiamo dovuto registrare per altri gruppi industriali. La seconda osservazione riguarda l'accordo sulla mobilità «volontaria» che ha interessato i lavoratori Eni e che secondo Milena Gabanelli - sarebbe un «pesante taglio di personale italiano mandato in mobilità lunga (7 anni)». Anche qui, raccogliendo opinioni assolutamente minoritarie, si tenta di colpire un accordo che cerca di rimediare alla «macelleria sociale» imposta dalla legge «Fornero» sulle pensioni. Con quell'accordo si consente il pensionamento di lavoratori in larga parte bloccati dalla legge e si definiscono nuove assunzioni per circa 800 giovani e il consolidamento dl 500 «precari»! Crediamo di aver fatto per intero il nostro dovere. Ci colpisce, invece, che non sia stato sollevato nel corpo dell'articolo il tema della richiesta all'Eni del governo Letta dl procedere al riacquisto del 10% di azioni, per un valore di oltre 8 miliardi, aumentando tosi il debito dell'Eni, al solo fine di incassarne il 30%. II governo, dunque, metterebbe in seria difficoltà uno dei grandi gruppi rimasti in Italia, non al fine di chiederne accelerazioni di investimenti nel nostro Paese, ma per fare solo e unicamente cassa. A questo proposito, speriamo che il nuovo presidente del Consiglio non si presti a operazioni rozze e dalla vista corta che farebbero solo danni, all'Eni, ai lavoratori, ma soprattutto al Paese.

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