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giovedì 13 marzo 2014

I PRESIDI SLOW FOOD A GUSTO IN SCENA(R)

I PRESIDI SLOW FOOD A GUSTO IN SCENA® 
Una sinergia all’insegna delle eccellenze sarà al centro della manifestazione in programma a Venezia dal 16 al 18 marzo 2014

A Gusto in Scena sarà protagonista anche Slow Food, l’associazione fondata da Carlin Petrini che ha fatto conoscere al grande pubblico i prodotti di alta qualità e a rischio d’estinzione. Durante l’evento, in programma dal 16 al 18 marzo 2014, nella splendida cornice della Scuola Grande di San Giovanni Evangelista di Venezia, saranno presentati alcuni presidi d’eccellenza provenienti da Friuli e Veneto. L’associazione produttori Pan di Sorc di Gemona del Friuli farà scoprire il suo pane dolce e speziato; l’azienda Bier Filippo di Cavasso Nuovo, in provincia di Pordenone, parteciperà all’evento con la Pitìna della Val Tramontina.  

L’azienda Littamè di Sant'Urbano, Padova, porterà l’Oca in onto, mentre  l’azienda agricola Waister di Canove di Roana Altopiano di Asiago (VR) farà conoscere l’Asiago stravecchio. Tra le eccellenze presenti anche la Stortina veronese (anche nella versione sotto lardo) presentata da Poltronieri Salumi - Comunità del Cibo di Slow Food. 
La sinergia tra Gusto in Scena e Slow Food deriva da una visione comune sull'importanza del prodotto legato a un determinato territorio ma anche sul tema de La Cucina del Senza che vuole coniugare gusto e salute anche attraverso la ricerca di prodotti di prima qualità.

Ecco la descrizione dei presidi presenti all’evento:

Pitìna della Val Tramontina
Di origini contadine, nascono per soddisfare l’esigenza di conservare la carne nei mesi autunnali e invernali, in zone tradizionalmente povere, come quelle delle valli a nord di Pordenone: se si uccideva un camoscio o un capriolo, se si feriva o ammalava una pecora o una capra (troppo preziose per essere macellate), si doveva trovare il modo di non sprecare nulla. Da queste esigenze di conservazione delle carni nacquero la pitina e le sue varianti peta e petuccia, che differivano dalla pitina per le diverse erbe aromatiche aggiunte nell’impasto e, nel caso della peta, per le dimensioni più grandi. L’animale veniva disossato e la carne triturata finemente nella pestadora (un ceppo di legno incavato). Alla carne si aggiungevano sale, aglio, pepe nero spezzettato. In Val Tramontina, zona di produzione della pitina, si univa anche rosmarino selvatico. In Val Cellina, area di produzione della petuccia, finocchio selvatico e bacche di ginepro. La peta, versione “magnum” della pitina, era tipica di Andreis, in Val Cellina: più grande della pitina e della petuccia, rotonda, leggermente schiacciata, poteva pesare anche un chilo. Con la carne macinata si formavano piccole polpette, si passavano nella farina di mais e si facevano affumicare sulla mensola del fogher. La pitina, col passar del tempo, si asciugava e per consumarla occorreva ammorbidirla nel brodo di polenta.
Oggi la pitina è ingentilita da una parte di carne di maiale (lardo o capocollo) che smorza il sapore intenso e un po’ selvatico della carne di capriolo, capra o pecora. L’affumicatura si realizza con diversi legni aromatici, a volte mescolati tra loro (ma con la prevalenza del faggio). La pitina rischiava di scomparire, non era conosciuta al di fuori della zona pedemontana del Friuli e i produttori erano sempre di meno. Il Presidio ha riunito quattro di loro per valorizzarla e promuoverla, partendo dalla ristorazione locale, allargandone il mercato.

Area di produzione
Val Tramontina e Val Cellina (provincia di Pordenone).



Pan di Sorc


La tradizione del pan di sorc e del mais cinquantino era così un ricordo delle persone più anziane del Gemonese, ma è proprio grazie alle loro testimonianze e alla volontà di far rivivere l’identità di un territorio attraverso il suo prodotto più originale che l'Ecomuseo delle Acque ha avviato il progetto di recupero che non si limita al pane ma si estende all’intera filiera, riproponendo il consumo e la vendita del prodotto. Oggi partecipano al progetto numerosi coltivatori che hanno rimesso a dimora la popolazione di mais cinquantino e coltivano frumento e segale, due mulini (a pietra e a cilindri) che effettuano la macinazione dei cereali, alcuni forni tra cui uno che si è impegnato da subito a riproporre il pane con la tradizionale lievitazione con pasta madre e la cottura in forno a legna. Assegnando il Presìdio, Slow Food ha riconosciuto la bontà del prodotto e la qualità del progetto, che punta a tutelare la biodiversità e i saperi produttivi del Gemonese e si impegna a promuovere tra i produttori l’adozione di pratiche agronomiche sostenibili e a sviluppare un approccio etico al mercato. L’obiettivo è di aumentare la richiesta del pan di sorc da parte dei consumatori permettendo un allargamento della filiera anche ad altri coltivatori e fornai del territorio. Il pan di sorc viene prodotto tutto l’anno.
Area di produzione
Ambito territoriale dell’Ecomuseo delle Acque del Gemonese (comuni di Artegna, Buja, Gemona del Friuli, Majano, Montenars e Osoppo).

Oca in Onto
Oggi l’oca in onto è quasi introvabile: pochi la producono per il mercato e quando lo fanno non la chiamano “in onto” nel timore di scoraggiare i consumatori con una proposta gastronomica dal sapore antimoderno. Si produce invece nelle case per il consumo familiare, almeno dove si allevano oche, e qualche osteria inizia a riproporla. L’oca in onto che si trova in commercio è fatta prevalentemente con le carni di bianca romagnola - le oche tradizionali venete sono infatti pressoché scomparse - ma ci sono alcuni piccoli allevatori che stanno tentando un recupero delle razze autoctone. I produttori del Presidio oggi sono due, entrambi hanno un agriturismo dove allevano oche all’aperto, con integrazione di soli alimenti naturali, e producono trasformati tra i quali anche l’oca in onto: si sono riuniti in associazione al fine di promuovere questa interessante conserva e favorirne il recupero.

Area di produzione
Province di Treviso, Vicenza e Padova

Asiago stravecchio
Perdere un formaggio eccezionale come l’Asiago stravecchio delle malghe dell’Altopiano dei Sette Comuni sarebbe un danno irreparabile. Eppure il rischio esiste: perché una buona forma di Asiago diventi stravecchio occorrono almeno 18 mesi di stagionatura in ambiente naturale e molti malgari preferiscono vendere prima le forme. Per questo ogni anno sono sempre di meno le forme di stravecchio. Per incoraggiare la ripresa della produzione è nato un Presidio, composto da sette piccoli produttori dell’Altopiano e sostenuto dal Consorzio di Tutela Formaggio Asiago Dop. I malgari si sono dati un regolamento aggiuntivo, a integrazione di quello della denominazione di origine. Il regolamento del Presidio Slow Food prevede la delimitazione dell’area di produzione – solo gli storici Comuni dell’Altopiano – e una pratica di allevamento che esige il pascolo e esclude insilati, mangimi industriali e prodotti ogm. Ma, soprattutto, stabilisce la produzione migliore: da giugno a settembre. Il Presidio vuole convincere i casari a far stagionare a lungo un maggior numero di forme avvicinando un mercato interessato a riconoscere la giusta ricompensa per una qualità eccellente e, soprattutto, vuole fare in modo che i malgari siano sempre più consapevoli del loro ruolo, fondamentale per la tutela di queste montagne e per la salvaguardia di una cultura e di una tradizione antichissime.

Area di produzione
Altopiano dei Sette Comuni: comuni di Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana, Rotzo (provincia di Vicenza).


La stortina Veronese - Poltronieri Salumi - Comunità del Cibo di Slow Food
La stortina Veronese è un salume tipico del Basso Veronese. Viene prodotta seguendo la stessa ricetta che le varie generazioni si sono tramandate. Le carni, necessariamente di suini allevati nelle nostre zone, prima di essere utilizzate vengono accuratamente selezionate. L’impasto, macinato a grana media, viene agliato e speziato prima di essere insaccato nella budella torta. Ora, unica differenza da allora per ovvie ragioni sanitarie, anziché le budella dell’animale stesso, viene utilizzata la torta bovina già pronta in fusti sotto sale. La fase successiva è l’insaccatura, si ottengono così dei salamini corti e leggermente ricurvi da cui il nome stortina. Il salume dopo un breve periodo di asciugamento in apposite stanze, raggiunge la giusta maturazione nelle nostre stagionature, dove, nonostante l’uso di moderne attrezzature, viene riprodotto lo stesso clima delle vecchie cantine. La conservazione del prodotto oggi non è più un problema, ma per i nostri nonni lo era. L’ideale pezzatura di 150gr. circa, consentiva la migliore consumazione del salame nei mesi successivi, ma proprio queste piccole dimensioni non gli permettevano di conservarsi per lunghi periodi. Si risolse il problema realizzando il prodotto che tuttora noi produciamo, la stortina veronese sotto lardo. A tale scopo veniva utilizzato il lardo dello stesso maiale dopo averlo salato e macinato. Le vecchie pentole di terracotta venivano riempite alternando uno strato di lardo ad uno di salamini, quindi si riponevano nella cantina per la conservazione. Importante era l’ultimo e spesso strato di lardo (detto cappello ) che serviva da protezione del prodotto dall’ambiente esterno. Nei mesi successivi, nonostante la presenza del coperchio, lo strato a contatto con l’aria ingialliva. Prima dell’utilizzo, questa parte veniva tolta e il salamino che restava sotto era ottimo da mangiare, morbido e profumato.  Lo si consumava insieme alla  polenta abbrustolita e al lardo degli strati sottostanti perché a quei tempi, era indispensabile non buttare niente.


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Redazione del CorrieredelWeb.it

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