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lunedì 17 luglio 2006

PRODURREMO UN OTTIMO VINO IN TEMPI RECORD

Dagli studi sul lievito in arrivo la vinificazione biotecnologica

Ridurre di un terzo il tempo di fermentazione necessario alla produzione del vino e apportare una vera rivoluzione nel campo dell’industria vinicola.
E’ quanto potrebbe attuarsi a breve in base ai risultati che stanno emergendo dalle ricerche condotte da Carlo Bruschi sui meccanismi di controllo dei processi replicativi dei lieviti.
Massimo esperto italiano di genomica del lievito e coordinatore nazionale della società scientifica italiana ZYMI (Zestful Yeast Model system in Italy), Carlo Bruschi ha fatto parte del gruppo di esperti scientifici della delegazione del Ministero italiano delle politiche agricole e forestali che ha partecipato al 29° Congresso mondiale dell’organizzazione intergovernativa OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del vino), svoltosi nei giorni scorsi a Logroño (Spagna). In tale occasione Bruschi ha proposto di creare nell’ambito dell’OIV una commissione dedicata agli studi sul lievito da vino, che ne promuova e divulghi i risultati raggiunti dalla ricerca internazionale in campo biotecnologico per un aggiornamento continuo degli operatori del settore e una ricaduta tecnologica immediata.
«All’interno delle commissioni dell’OIV c’è una mancanza rilevante per quanto riguarda l’approfondimento scientifico di uno dei momenti più importanti della produzione vinicola: la fase fermentativa del mosto» ha denunciato Bruschi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Genetica Molecolare del Lievito presso il Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologia (ICGEB) di Trieste. «Conoscere meglio il ruolo svolto dai lieviti nella fermentazione e i meccanismi che regolano la loro riproduzione e l’aumento della loro densità nel mosto può risultare estremamente interessante per le aziende vinicole. Si potrebbe arrivare a incrementare la velocità del processo fermentativo dell’uva, ottenendo in minor tempo vini con immutate qualità organolettiche e meno esposti alle variazioni ambientali o a possibili contaminazioni microbiche».
Recenti studi condotti dall’équipe di Bruschi hanno infatti permesso di comprendere i meccanismi biochimici che regolano la crescita numerica delle cellule fungine in un determinato ambiente. I lieviti crescono fino a raggiungere una certa densità tipica del substrato su cui si trovano, poi si fermano e conseguentemente bloccano anche la fermentazione. Un fenomeno simile è già noto nei batteri e viene chiamato quorum sensing. Il processo di crescita dei lieviti è regolato dalla presenza di alcuni alcoli che fungono da comunicatori tra cellula e cellula: per Saccharomyces cerevisiae, il più comune lievito da vino, si tratta del feniletanolo e del triptofolo. Imparare a dosare la presenza di questi alcoli all’interno del mosto, o utilizzare ceppi di lievito geneticamente adattati, significherebbe dunque poter controllare la densità finale delle cellule fungine e quindi la velocità di vinificazione nel processo produttivo. «Se oggi solitamente per ogni millilitro di mosto si hanno 100 milioni di cellule di Saccharomyces» spiega Carlo Bruschi «mettendo a punto queste tecniche biotecnologiche si potrebbe arrivare ad aumentarne di 100 volte la densità, raggiungendo i 10 miliardi di cellule di lievito per millilitro, e a ridurre di un terzo il tempo di fermentazione necessario alla produzione di vino. Questi nostri studi e altri che si stanno compiendo a livello internazionale potranno avere enormi ricadute economiche e permetteranno alle aziende vinicole di ottenere prodotti di inalterata qualità più rapidamente e a costi più bassi».

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