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domenica 27 gennaio 2008

Giorno della Memoria - Indiani d' America e briganti meridionali



INDIANI  D'AMERICA E BRIGANTI  MERIDIONALI

 

Premessa



Non c'è dubbio che nel  campo delle interpretazioni e delle valutazioni storiche, a maggior ragione  nell'ambito dell'insegnamento della storia, sarebbe  opportuno evitare atteggiamenti troppo faziosi, enfatici e dogmatici, per  adottare un approccio possibilmente critico e problematico verso le questioni, i  personaggi e i processi storici sottoposti allo studio e all'attenzione degli  alunni.

Faccio tale puntualizzazione per far comprendere chiaramente il mio punto  di vista rispetto alla materia. In classe non bisogna mai cercare di plagiare o  manipolare le fragili menti (sempre aperte e ricettive) dei ragazzi, ma occorre  assumere una posizione il più possibile lucida, serena e distaccata, per  abituare le nuove generazioni ad esercitare l'arte benefica del dubbio e della  critica. Una dote che in genere manca alle menti già formate, quindi chiuse e poco ricettive, degli adulti.  

Questo è il compito  precipuo delle istituzioni educative che concorrono  alla formazione del libero cittadino, per mettere l'individuo in condizione di  esprimere autonomamente i propri giudizi e compiere le proprie scelte. La scuola assume un ruolo che è ancora centrale e privilegiato in questa  opera educativa, malgrado le enormi pressioni e la spietata concorrenza esercitata dai mezzi di comunicazione di massa, a cominciare dalla televisione e  da Internet. Le cui potenzialità espressive, comunicative ed informative devono  essere abilmente e sapientemente sfruttate dagli  insegnanti.

 

Il  Giorno della Memoria

Il Giorno della Memoria è una ricorrenza  istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che in  tal modo ha aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio  come data per la commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e  dell'Olocausto. La scelta del giorno intende rievocare il 27 gennaio 1945 quando le truppe dell'Armata Rossa giunsero ad Auschwitz, scoprendo il famigerato campo di concentramento,  rivelando al mondo intero l'orrore del genocidio nazista. Il ricordo della Shoah, cioè lo sterminio del popolo  Ebreo, è celebrato il 27 gennaio anche da altre nazioni, tra cui la Germania e la Gran Bretagna, così  come dall'ONU, in seguito alla risoluzione 60/7 del 1° novembre 2005.  Il termine olocausto (dal greco  holos  "completo" e kaustos "rogo" come nelle offerte  sacrificali) venne introdotto alla fine del XX secolo  per indicare il tentativo compiuto dalla Germania nazista di sterminare tutti  quei gruppi di persone ritenuti "indesiderabili": Ebrei ed altre etnie come Rom  e Sinti (i cosiddetti zingari), comunisti,  omosessuali, disabili e malati di mente, Testimoni di Geova, russi, polacchi ed altre popolazioni slave. Il  termine Shoah, che in lingua ebraica significa  "distruzione" (o "desolazione", o "calamità", con il senso di una sciagura  improvvisa e inaspettata), è un altro vocabolo usato per definire l'Olocausto.  Molti Rom adoperano la parola Porajmos («grande  divoramento»), oppure Samudaripen («genocidio») per  designare lo sterminio nazista. Aggiungendo agli Ebrei questi gruppi di persone  il numero di vittime causate dal regime nazista è stimabile tra i dieci e i  quattordici milioni di civili, e fino a quattro milioni di prigionieri di  guerra. Oggi il termine "olocausto" viene impiegato  anche per indicare altri casi di genocidio, avvenuti prima e dopo la seconda  guerra mondiale, o più in generale, per designare qualsiasi strage volontaria e  pianificata di vite umane, come quella che potrebbe risultare da un conflitto  atomico, da cui deriva l'espressione "olocausto nucleare". Il termine olocausto  viene talvolta adoperato per descrivere altri esempi di  genocidio, specialmente quello armeno e quello ellenico che portò all'uccisione  di 2,5 milioni di cristiani da parte del governo nazionalista ottomano dei  Giovani Turchi tra il 1915 e il 1923.

Pellerossa  e Meridionali

Con questo articolo vorrei rievocare la memoria di altre terribili esperienze storiche in cui sono stati consumati veri e propri eccidi  di massa, troppo spesso dimenticati o ignorati dalla storiografia e dai  mass-media ufficiali. Mi riferisco allo sterminio degli Indiani d'America e ai massacri perpetrati a danno dei "Pellerossa" del Sud  Italia, vale a dire i briganti e i contadini del Regno delle Due Sicilie. Dopo la  scoperta del Nuovo Mondo ad opera di Cristoforo Colombo  nel 1492, quando giunsero i primi coloni europei, il continente nordamericano era popolato da  circa un milione di Pellerossa raggruppati in 400 tribù e in circa 300 famiglie  linguistiche. Quando i coloni bianchi penetrarono nelle sterminate  praterie abitate dai Pellerossa, praticarono una caccia  spietata ai bisonti, il cui numero calò rapidamente e drasticamente rischiando l'estinzione totale. I cacciatori bianchi contribuirono così allo sterminio dei  nativi che non potevano vivere senza questi animali, da cui ricavavano cibo,  pellicce ed altro ancora. Ma la strage  degli Indiani fu operata soprattutto dall'esercito statunitense che pur di  espandersi all'interno del Nord America cacciò  ingiustamente i nativi dalle loro terre attuando veri e propri massacri senza  risparmiare donne e bambini. I Pellerossa vennero  letteralmente annientati attraverso uno spietato genocidio. Oggi i Pellerossa non formano più una nazione, sono stati  espropriati non solo della terra che abitavano, ma anche della memoria e  dell'identità culturale. Infatti una parte di essi si è  integrata completamente nella civiltà bianca, mentre un'altra parte vive reclusa  in alcune centinaia di riserve sparse nel territorio statunitense e in quello  canadese.  

Un destino simile, anche se  in momenti e con dinamiche diverse, accomuna i  Pellerossa d'America e i Meridionali d'Italia. Questi furono chiamati  "Briganti", vennero trucidati, torturati, incarcerati,  umiliati. Si contarono 266 mila morti e 498 mila  condannati. Uomini, donne, bambini e anziani subirono la stessa sorte. Processi  manovrati o assenti, esecuzioni sommarie, confische dei beni. Ma noi Meridionali eravamo cittadini di uno Stato molto ricco. Il Piemonte dei Savoia era fortemente indebitato  con Francia e Inghilterra, per cui doveva rimpinguare le proprie finanze. Il  governo della monarchia sabauda, guidato dallo scaltro e cinico Camillo Benso  conte di Cavour, progettò la più grande rapina della  storia moderna: cominciò a denigrare il popolo Meridionale per poi ad asservirlo  invadendone il territorio: il Regno delle Due Sicilie,  lo Stato più civile e pacifico d'Europa. Nessuno venne in nostro soccorso.  Soltanto alcuni fedeli mercenari Svizzeri rimasero a combattere fino all'ultimo  sugli spalti di Gaeta, sino alla capitolazione. I vincitori furono spietati.  Imposero tasse altissime, rastrellarono gli uomini per il servizio di leva  obbligatoria (che invece era già facoltativo nel Regno delle Due Sicilie); si comportarono vigliaccamente verso la  popolazione e verso il regolare ma disciolto esercito borbonico, che insorsero. Ebbe così inizio la  rivolta dei Briganti Meridionali. Le leggi repressive furono simili a quelle  emanate a scapito dei Pellerossa. Le bande di briganti  che lottavano per la loro terra avevano un pizzico di  dignità e di ideali, combattevano un nemico invasore grazie anche al sostegno  delle masse popolari e contadine, deluse e tradite dalle false e ingannevoli  promesse concesse dal pirata massone e mercenario Giuseppe Garibaldi.  Contrariamente ad altre interpretazioni storico-meridionaliste, non intendo  equiparare il fenomeno del Brigantaggio meridionale alla Resistenza partigiana  del 1943-45. Per vari motivi, anzitutto per la semplice ragione che nel primo  caso si è trattato di una vile aggressione militare, di una guerra di conquista  violenta e sanguinosa (come è stata del resto anche la  guerra tra fascisti e antifascisti), ma che ha avuto una durata molto più lunga  (un intero decennio) dal 1860 al 1870. Una guerra civile che ha provocato eccidi  spaventosi, massacri di massa in cui sono stati trucidati centinaia di migliaia  di contadini e briganti meridionali, persino donne, anziani e bambini, insomma  un vero e proprio genocidio perpetrato a scapito delle popolazioni del Sud Italia. Una guerra che si è conclusa tragicamente dando inizio al fenomeno  dell'emigrazione di massa dei meridionali. Un esodo di proporzioni bibliche,  paragonabile alla diaspora del popolo ebraico. Infatti,  i meridionali sono sparsi e presenti nel mondo ad ogni latitudine, in ogni  angolo del pianeta, hanno messo radici ovunque, facendo la fortuna di numerose  nazioni: Argentina, Venezuela, Uruguay, Stati Uniti d'America, Svizzera, Belgio,  Germania, Australia, eccetera. Ripeto. Se si  vuole comparare la triste vicenda del Brigantaggio e della brutale repressione  subita dal popolo meridionale, con altre esperienze storiche, credo che  l'accostamento più giusto da suggerire sia appunto quello con i Pellerossa e con le guerre indiane combattute proprio nello  stesso periodo storico, ossia verso la fine del XIX secolo. Guerre feroci e sanguinose che hanno provocato una strage  altrettanto raccapricciante, quella dei nativi nordamericani. Un genocidio troppo spesso ignorato e dimenticato, come quello a  danno delle popolazioni dell'Italia meridionale.

Nel  contempo condivido in parte il giudizio (forse  troppo perentorio) rispetto al carattere anacronistico, retrivo e  antiprogressista, delle ragioni politiche, storiche, sociali, che stanno alla  base della strenua lotta combattuta dai briganti meridionali. In politica ciò  che è vecchio è (quasi) sempre reazionario. Tuttavia, inviterei ad approfondire  meglio le motivazioni e le spinte ideali che hanno  animato la resistenza e la lotta di numerosi briganti contro i Piemontesi  invasori. Non voglio annoiare i lettori con le cifre relative  ai numerosi primati detenuti dalla monarchia borbonica e dal Regno delle  Due Sicilie in vasti ambiti dell'economia, della  sanità, dell'istruzione eccetera, né intendo in tal modo esternare sciocchi  sentimenti di inutile nostalgia rispetto ad una società arcaica, di stampo  dispotico e aristocratico-feudale, ossia ad un passato che fu prevalentemente di  barbarie e oscurantismo, di ingiustizia ed oppressione, di sfruttamento e  asservimento delle plebi rurali del nostro Meridione. Ma un dato è certo e inoppugnabile: la monarchia sabauda era  molto più retriva, molto più rozza, ignorante e dispotica, meno illuminata di  quella borbonica. Il Regno delle Due Sicilie era  indubbiamente molto più ricco, avanzato e sviluppato del Regno dei Savoia, tant'è vero che esso  rappresentava un boccone assai invitante ed appetibile per tutte le maggiori  potenze europee, Inghilterra e Francia in testa. Tuttavia, questo è un argomento  vasto e complesso che richiederebbe un approfondimento  adeguato.

Infine, concludo con una breve chiosa a proposito della tesi circa le presunte spinte progressiste incarnate dai processi di unificazione degli Stati  nazionali nel XIX secolo e dello Stato europeo oggi. Non mi pare che tali  processi abbiano garantito un reale, autentico progresso sociale, morale e  civile, ma hanno favorito e generato quasi esclusivamente uno sviluppo  prettamente economico. Voglio dire che l'unificazione  dei mercati e dei capitali, prima a livello nazionale ed ora a livello europeo,  o addirittura globale, non coincide affatto con l'unificazione e con  l'integrazione dei popoli e delle culture, siano esse locali, regionali o  nazionali.  

Ovviamente, le forze  autenticamente democratiche, progressiste e rivoluzionarie devono puntare a  raggiungere il secondo traguardo.

 

Lucio  Garofalo



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From: Lucio Garofalo <garofaloluc@tiscali.it>

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