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mercoledì 16 gennaio 2008

Personale Attilio Antibo da Valente Artecontemporanea



COMUNICATO STAMPA

ATTILIO ANTIBO

La struttura del pensiero

Valente artecontemporanea

Via Barrili 12 - 17024 Finale Ligure (SV)

17 FEBBRAIO 2008 - 25 MARZO 2008

Titolo: ATTILIO ANTIBO La struttura del pensiero

Curatore: Riccardo Zelatore

Sede: VALENTE ARTECONTEMPORANEA – Via Barrili 12, 17024 Finale Ligure (SV)

Periodo: 17 Febbraio 2008 – 25 Marzo 2008

Inaugurazione: Domenica 17 Febbraio ore 10:30

Orario: tutti i giorni, 10:00-13:00; 16:00-19:00; Ingresso libero

Informazioni: Valente Artecontemporanea - tel. 019.680343/693343

e-mail: valentema@tin.it - fax. 019.693343





Domenica 17 febbraio alle ore 10:30, nella sede di via Barrili 12 in Finale Ligure, con la mostra "Attilio Antibo. La struttura del pensiero", la galleria Valente Artecontemporanea inaugura una mostra dedicata ai lavori realizzati da Attilio Antibo negli ultimi cinque anni a documentare una fertilità e freschezza creativa che colloca l'artista savonese tra i maggiori interpreti dell'arte contemporanea con particolare predilezione alla pratica ceramica.

Il progetto espositivo curato da Riccardo Zelatore testimonia le più recenti fasi creative di un autore da sempre interessato alla ridefinizione della primitività del materiale, al ruolo specifico delle terre e alla conoscenza delle tecniche realizzative.

Attilio Antibo (Savona, 1930) inizia dal 1963 a dedicarsi alla realizzazione di sculture in ferro e assemblaggi realizzati con materiali eterogenei, oggetti trovati e montati insieme con tecniche affini al ready made. La ragione centrale che presiede il lavoro di Antibo in quel periodo, preludio dei motivi e spunti successivi, è lasciar parlare i materiali, senza opera di mediazione tra pubblico e opere. Il processo con cui ferro e ceramica sono manipolati diventa direttamente linguaggio e discorso formale. L'impiego del ferro prima e poi della ceramica non è una vera e propria scelta: ad Antibo interessa riprendere valori contenuti nel materiale stesso, all'interno di una produzione basata a volte su un recupero delle possibilità offerte dalla materia, a volte riutilizzo concreto di oggetti in disuso. Anche l'uso della ceramica, mezzo espressivo che caratterizza il lavoro di Antibo dal 1974 fino agli ultimi anni, ha sostanzialmente la medesima motivazione di fondo. In più c'è da dire che la creta presenta caratteristiche sue proprie di plasticità che, se le hanno fatto a volte subire nel tempo trasformazioni di ogni tipo fino a perdere la sua identità primitiva, che pure era di oggetto povero, di strumento ordinario, permette all'autore di muoversi tra forma arcaica e utensileria quotidiana. L'oggetto in ceramica è inizialmente interpretato come la sintesi di due momenti d'intervento: il primo è una ricerca dinamica di forme ottenute tagliando la terra con un filo di acciaio, il secondo è un congelamento di volumi sfaldati dal taglio, in un lento irrigidirsi che sarà completo solo dopo la cottura. Dopo le Terre Tagliate e gli Smottamenti nascono in questo periodo creazioni in cui si presume un intervento minimo dell'artista come i Piatti, le Conche, le Tazze, in cui il colore viene usato con moderazione e la terracotta viene unita ad altri elementi come la terra cruda, l'acqua o il metallo. Il lavoro passa poi alle Terre Sonore che danno inizio all'inserimento di fischietti e cavità sonore sino alle Terre Sezionate e ai Libri Oggetto, in cui l'artista crea manufatti simili nella forma al modello originale ma estraniati dal contesto della loro funzione d'uso.

Fino ai primi anni Ottanta il lavoro di Antibo rivela un'attitudine a mettere in rilievo un momento rituale degli oggetti che realizza, quasi sempre estratti dalla realtà quotidiana e immessi in una sfera magica. Nel periodo successivo, Antibo introduce forme morbide, colorate e accattivanti che conducono ad una dimensione più ludica ed ironica. Si allenta il legame con l'utensileria quotidiana e si lascia spazio all'immaginario con esiti di semplificazione formale e accentuazione cromatica. Le opere in terracotta mantengono la loro esistenza plastica e sonora, ma sono caratterizzate da uno spirito giocoso e da uno spaesamento poetico che ne allenta lo spessore antropologico. Negli Strumenti votivi, nei Giocattoli, nei Trofei, Antibo non tradisce la natura della sua ricerca ma si concede un sottile gioco semantico i cui referenti spaziano dal linguaggio pop al post moderno, con richiami ai balocchi del vissuto infantile. Il rapporto diretto con il corpo, secondo gli originari attributi di manualità ed oralità, è mantenuto, sovente attraverso l'inserimento di un fischietto che integra ed esorcizza la parte narrativa. Negli ultimi anni Antibo ha tralasciato la pratica ceramica per riappropriarsi dell'antico mestiere. Oggetti trovati, riciclati, desueti, sono tornati a stimolare la fertilità creativa dell'artista che sembra voler chiudere il cerchio riavvicinandosi alle creazioni dei primi anni. Egli prosegue la sua ricerca tesa al rapporto semplice con l'oggetto, non più attraverso le ragioni primitive del suo uso, ma sulla scia di un orientamento concettuale poverista. Procurandosi personalmente gli elementi costituenti, quasi sempre materiali eterogenei di recupero, Antibo si dedica alla creazione di opere su tavola in cui convivono pittura e scultura, rigore e ironia, realtà e fantasia, narrazione e sogno, satira e paradosso, motivi sacri e simbologia pagana, ritualità popolare e dimensione psicologica. Il poter scegliere oggetti usati, oltre alla rivendicazione poetica, consente all'artista una sorta di esorcizzazione contro il nostro disagio quotidianio. Antibo non vuole incrementare debiti con le avanguardie storiche ma creare un percorso di risalita nella funzione mnemonica, recuperare contatti fisici perduti in un originale sincretismo tra ispirazione classica e forma popolare, fascinazione dell'usato e memoria dell'umano.


                      Riccardo Zelatore



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From: Mario Valente <valentema@tin.it>


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