Il 19 aprile 2015, l'assemblea ha deliberato l'adesione, a partire dal successivo 29 giugno, al servizio di negoziazione delle azioni per il tramite dell'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane e la contemporanea cessazione del servizio di mediazione fino ad allora svolto dalla banca stessa. Come si può comprendere, difficoltà esistevano già allora e derivano dal fatto che, a differenza del passato, per l'intervento del Fondo acquisto azioni proprie occorre la preventiva autorizzazione della Banca d'Italia.
Dal gennaio 2014 è infatti in vigore il Regolamento U.E. n. 575/2013 del 26 giugno 2013 (c.d."CRR") che agli articoli 77 e 78 dispone che il riacquisto di proprie azioni da parte della banca è possibile dietro autorizzazione della Vigilanza. Il criterio per decidere se autorizzare o no è puramente di natura prudenziale. Fino a tutto il 2013 la legge chiamava invece la Vigilanza ad autorizzare tali riacquisti solo quando essi eccedevano il cinque per cento del capitale sociale.
E per una banca come la Bcp che presenta incagli e sofferenze superiori al patrimonio netto tangibile, e per di più è molto attiva in un'area -quella vesuviana- disastrata, economicamente e finanziariamente, non solo dalla crisi ma anche dal crac della compagnia di navigazione Deiulemar, è ben difficile che la Vigilanza autorizzi gli acquisti di azioni proprie.
Per la negoziazione delle azioni sono previste aste settimanali che si tengono ogni venerdi, l'ultima delle quali con scambi effettivi risale al 31 marzo scorso con un solo contratto per appena 35 pezzi scambiati a 28,35 euro. La precedente risale addirittura all'11 novembre 2016, anche in quel caso con un solo contratto concluso per 350 pezzi a 28,35 euro.
La situazione, come si può comprendere, non è semplice, e non è certo per caso che l'assemblea del 30 aprile scorso ha fissato il prezzo di emissione di eventuali nuove azioni a 28,83 euro ciascuna, in calo dell'11,29% rispetto al precedente valore di 32,50 euro. Non solo. Oltre ad approvare il bilancio 2016, ha conferito mandato al Consiglio di Amministrazione per l'adesione delle azioni al sistema multilaterale di negoziazione Hi-Mtf, che fa capo all'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane, Iccrea, Aletti, Banco Popolare e Banca Sella. L'inizio degli scambi è previsto per la fine dell'anno. Nel corso dell'assemblea, il Presidente ha però affermato che nel caso in cui si riscontrasse l'eventualità di un prezzo di negoziazione verosimilmente troppo basso, a quel punto il Consiglio di Amministrazione non procederà nell'iter di ammissione all'Hi-Mtf e la questione sarà nuovamente sottoposta ai soci in occasione dell'assemblea annuale dell'aprile 2018.
Insomma, per gli azionisti Bcp al momento non si vedono vie d'uscita, se si pensa a quanto è accaduto a Banca Valsabbina (da 18 a meno di 6 euro) e sta per accadere alla Popolare di Bari (per cui è previsto un crollo di almeno il 70% dai massimi). E' logico prevedere che la Banca di Credito Popolare non consentirà la negoziazione delle azioni all'Hi-Mtf per non far emergere un analogo tracollo, ma nel frattempo i soci non hanno a disposizione metodi per liquidare il proprio investimento se non le aste sempre deserte per mancanza di compratori.
Del resto, come immaginare potessero essere reali i valori delle azioni deliberati dal Consiglio di Amministrazione, i quali crescevano anche mentre imperversava la peggiore crisi dal dopoguerra? Il bilancio 2007 esprimeva un valore di 25,50 euro per azione, diventati 28,50 nel 2008 e 30,00 nel 2009 e cosi via, arrivando ai 32,50 euro del 2013 confermati nel 2014 e nel 2015. Solo con l'ultimo bilancio vi è stato un leggero ribasso, come detto.
La decisione di avviare l'iter per la negoziazione all'Hi-Mtf, pertanto, appare più che altro un modo per prendere tempo e cercare di far emergere quanto più tardi possibile il reale prezzo di mercato delle azioni Banca di Credito Popolare. Diciamo che possiamo prevedere sin da ora un'assemblea ordinaria 2018 molto poco tranquilla per la Bcp
Anna D'Antuono, legale, consulente Aduc
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